Aumenta la pressione fiscale calano risparmi e potere d’acquisto

Attualità — By on 2019/01/08 10:55

Il già conosciuto ‘macigno‘ fiscale che negli ultimi anni ha continuato a schiacciare senza sosta i contribuenti italiani, vittime di ogni tipo di imposta e in grado soltanto di subire e pagare, per non incorrere in multe e sanzioni. Un macigno appunto che non ha smesso di crescere anche nel terzo trimestre del 2018, in cui la pressione fiscale è stata pari al 40,4%, in aumento dello 0,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente.

Quello registrato dall’Istat, nel Rapporto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche, è un accrescimento del peso delle tasse che potrebbe sembrare lieve, ma che, se inserito in un un conteste generale in cui si analizzano anche la propensione al risparmio, il reddito delle famiglie e il potere d’acquisto, fornisce un quadro tutt’altro che roseo per gli italiani.

L’aumento della pressione fiscale è infatti soltanto una delle molteplici varianti che possono influire sull’economia delle famiglie italiane. Come riportato sempre dall’analisti dell’Istituto di Statistica, nel terzo trimestre del 2018 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,1% rispetto allo stesso periodo del 2017, una buona notizia che però viene letteralmente annullata dall’aumento dei consumi dello 0,3%. 

Di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari all‘8,3%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. L’Istat sottolinea inoltre come a fronte di una variazione dello 0,3% del deflatore implicito dei consumi, il potere d’acquisto delle famiglie consumatrici sia diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente.

A fronte di tali andamenti, le famiglie hanno mantenuto, grazie a una lieve riduzione della propensione al risparmio, un livello quasi inalterato dei consumi in volume. La quota dei profitti sul valore aggiunto delle società non finanziarie, pari al 41,4%, è diminuita di 0,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento delle società non finanziarie, pari al 22,2%, è aumentato di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.

Allargando lo sguardo alle Amministrazioni pubblich, i dati Istat rivelano che l’indebitamento netto in rapporto al Pil è sceso dell’1,7% (-1,8% nello stesso trimestre del 2017). Il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo, con un’incidenza sul Pil del 2,0%, a fronte dell’1,6% nel III trimestre del 2017. Il saldo corrente è stato anch’esso positivo, con un’incidenza sul Pil dell’1,1% (1,6% nel III trimestre del 2017).

Complessivamente, nei primi tre trimestri del 2018 le Amministrazioni pubbliche hanno registrato un indebitamento netto pari a -1,9% del Pil, in miglioramento rispetto al -2,6% del corrispondente periodo del 2017. Nei primi nove mesi del 2018, in termini di incidenza sul Pil, il saldo primario e il saldo corrente sono risultati positivi, risultando pari, rispettivamente, all’1,8% (1,2% nello stesso periodo del 2017) e allo 0,9% (1,0% nel corrispondente periodo del 2017). Nello stesso periodo, la pressione fiscale si attesta al 39,7% del Pil, in riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2017.

“La diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie italiane è un segnale pericoloso perché ha effetti negativi sui consumi e sull’economia nazionale”: è l’allarme lanciato dal Codacons, con il presidente Carlo Rienzi che ha commentando i dati diffusi dall’Istat.

“I nostri timori su un peggioramento delle condizioni economiche dei consumatori trovano conferma nei numeri diffusi oggi dall’Istat i consumi permangono in fase di stallo con una crescita inconsistente del +0,3%, mentre il reddito disponibile segna un misero +0,1%. per gli acquisti i consumatori devono quindi attingere ai risparmi, che non a caso risultano in calo del -0,2%”.

“Un quadro negatiivo – conclude il Codacons -che deve portare il governo a lavorare per introdurre misure in grado di aumentare realmente il potere d’acquisto dei cittadini e avere effetti positivi sui consumi ancora del tutto insoddisfacenti”.

 

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