Crescono i contratti di secondo livello, il salvagente per gli stipendi

Attualità — By on 2017/06/14 11:07

Fermi da tempo molti rinnovi contrattuali, lo stipendio sale grazie a quelli di secondo livello. Una mezza vittoria per chi da tempo punta su questi come stampella del contratto nazionale. Negli anni a cavallo tra il 2015 e il 2016,  lo strumento è in crescita. Ma soprattutto, e questa è una notizia “buona”, se nel biennio precedente al centro delle trattative c’erano problemi di ristrutturazioni o crisi aziendali (62% dei contratti), negli ultimi due anni la tendenza s’è capovolta (37%). Non si tratta più sul secondo livello a causa della crisi economica, ma si torna a farlo su imprese sane per premiare il merito, per aumentare la flessibilità o introducendo welfare di tipo aziendale. Tant’è che la contrattazione del salario sale dal 23% al 43% degli accordi, quella del welfare dal 10% al 20%, quella dell’orario di lavoro dal 12% al 19%. E’ da qui che nasce il titolo dello studio “La contrattazione decentrata supera la crisi”, perché si tratta di uno strumento che torna a riprendere la regolazione dei capitoli fondamentali del rapporto di lavoro, anche con contenuti sempre più innovativi, diventando più dinamica, legata alle strategie aziendali che mutano in modo veloce, in due parole meno concentrata nei soli classici rinnovi dei contratti integrativi. Aumentano anche gli accordi che attuano nuove disposizioni di legge (quelle recenti sul welfare e sulla detassazione dei premi di risultato) o quelli che integrano su singoli temi, accordi precedenti.

Sotto la lente sono state messe 1.478 imprese, per un totale di 753.304 occupati. Uno spaccato economico che ci dice che i contratti di secondo livello sono diffusi più al Nord (70%), dato influenzato dal fatto che è nel settentrione che si fanno gli accordi sul salario (che rimangono i più diffusi), ma anche perché è lì che si trovano le aree più sviluppate e dinamiche del Paese. Altra novità è che i settori più coperti sono il commercio (19%), il metalmeccanico (16%), il chimico (15%), l’edilizia (14%), le aziende di servizi e terziarie (10%) e il tessile (7%). Un dato che dimostra come la contrattazione di secondo livello segua ormai l’evoluzione di un’economia che va sempre più verso il terziario. Tanti anche gli accordi conclusi nelle aziende con meno di 50 dipendenti (che sono ben il 41%). Escusi invece dallo studio i contratti territoriali. Ma che la contrattazione decentrata mantenga un suo dinamismo e si stia estendendo, vi vede anche in rapporto agli oltre 21mila accordi per la detassazione registrati al ministero e che sembrano coprire circa 5 milioni di lavoratori.

Uno studio che dimostra come la contrattazione salariale sta segnando un’evoluzione innovativa e definitiva, sia perché ben l’85% degli accordi a carattere salariale negozia voci variabili, mentre solo il 44% voci a importo fisso, sia perché i premi di risultato aziendali sono distribuiti per il 58% secondo criteri di professionalità e solo il 43% in modo uguale per tutti, a pioggia. Non mancano però alcune criticità. Da premi e aumenti salariali rimangono esclusi i lavoratori discontinui: solo il 28% di chi ha un contratto a tempo determinato e appena il 18% di chi ne ha uno di somministrazione. “

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