La povertà al Sud colpisce più gli italiani che gli stranieri

Attualità — By on 2016/10/18 10:20

poveri

Al Sud, nei centri di ascolto della Caritas gli italiani che chiedono aiuto per arrivare a fine mese hanno superato gli immigrati. E in tutta Italia esiste una vera e propria emergenza giovani, dovuta alla crisi del mercato del lavoro che continua a penalizzarli: più diminuisce l’età, più cresce la povertà. Sono alcuni degli aspetti che emergono dal rapporto 2016 della Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale dal titolo ‘Vasi comunicanti’, elaborato sui dati del 2015, che affronta questi temi confrontano la situazione in Italia e quel che accade oltre i confini nazionali. Il documento, frutto dell’analisi dei dati e delle esperienze quotidiane delle oltre duecento Caritas diocesane operanti sul territorio nazionale, arriva nella Giornata internazionale della povertà e a due giorni dal varo di una legge di bilancio che, stando alle slide presentate da Matteo Renzi, rinvia al 2018 l’aumento di 500 milioni del Fondo per la lotta alla povertà. Quelle risorse, necessarie per far partire il Reddito di inclusione attiva, come fatto notare dallaCisl erano state al contrario promesse per il 2017. “Un errore ed un danno all’intero Paese”, accusa il sindacato. Intanto l’Eurostat ha reso noto che la Penisola è al quarto posto nella Ue per aumento (+3,2%) del rischio di povertà tra il 2008 e il 2015, alle spalle di Grecia (+7,6%), Cipro (+5,6%) e Spagna (+4,8 per cento).

Secondo i dati Istat in Italia vivono in uno stato di povertà 1,58 milioni di famiglie, per un totale di quasi 4,6 milioni di individui. Si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi. “Le situazioni più difficili sono quelle vissute dalle famiglie del Mezzogiorno – spiega il rapporto – da quelle con due o più figli ancora minorenni, dalle famiglie di stranieri, dai nuclei il cui capofamiglia è in cerca di un’occupazione o operaio, ma anche dalle nuove generazioni”. Ed è quest’ultimo un elemento inedito messo in luce dall’analisi della Caritas, che stravolge il vecchio modello italiano: “La povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all’età, diminuisce all’aumentare di quest’ultima”. La crisi del lavoro, infatti, continua a penalizzare soprattutto giovani e giovanissimi sia in cerca di una prima occupazione sia di un nuovo lavoro, ma anche gli adulti rimasti senza un impiego. D’altro canto, secondo gli ultimi dati Istat, l’incidenza più alta di povertà si registra proprio tra i minori, gli under 18, seguita dalla classe 18-34 anni. Al contrario gli over 65, diversamente da quanto accadeva meno di un decennio fa, si attestano su livelli contenuti di disagio. Il risultato è che degli oltre 4,5 milioni di poveri totali, il46,6% ha meno di 34 anni (si tratta di 2 milioni e 144mila persone).

Tra i beneficiari dell’ascolto e dell’accompagnamento prevalgono le persone sposate (47,8%), seguite dai celibi o nubili (26,9%). Si tratta di persone con la licenza media inferiore per il 41,4%, la licenza elementare (16,8%) o la licenza di scuola media superiore (16,5%). I bisogni o problemi più frequenti che li hanno spinti a chiedere aiuto sono soprattutto materiali: povertà economica (76,9%), disagio occupazionale (57,2%), problemi abitativi (25%) e familiari (13%). Ma la verità è che in molti casi queste difficoltà si sommano l’una all’altra rendendo la situazione ancora più complessa.

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