Made in Italy, il successo del Belpaese

Attualità — By on 2018/03/01 15:22

L’industria italiana riprende a correre. Ricavi così alti non si vedevano da anni, e il merito è del Made in Italy, poiché i nostri prodotti all’estero piacciono, come testimonia l’aumento del 7,4% delle esportazioni di prodotti italiani nel 2017: la crescita più elevata negli ultimi sei anni. “Fatto in Italia” è sinonimo di qualità, creatività, eleganza ma anche di tecnologia, motivo per cui le nostre aziende riescono vincenti non solo in settori classici come l’abbigliamento, l’arredamento, l’agroalimentare, ma anche nella robotica e nell’automazione industriale. Certo, l’italian life style richiama alla mente innanzi tutto la moda, il cibo, l’arredo, il nostro design, ma negli ultimi tempi l’industria italiana di macchine utensili, automazione e robot è cresciuta notevolmente anche sui mercati stranieri.

Le esportazioni in questi settori hanno registrato un +5,8% e il trend positivo proseguirà per tutto il 2018, tanto che la produzione dovrebbe salire ancora di un altro 6,2% e l’export del 4,7%. La novità in materia di export di macchine e robot riguarda in particolare la Cina, diventato il primo mercato di sbocco (248 milioni di euro e +11,5%) a scapito di Germania e Usa.Questo perché le nostre imprese sono in grado di esportare soluzioni ad hoc per le aziende straniere, grazie all’indiscussa capacità tecnologica. E così abbiamo rovesciato a nostro favore la paura dell’invasione dei prodotti cinesi.

È cosa nota che il cibo italiano sia il più conosciuto e il più richiesto nel mondo da anni, e anche qui si è registrato un record storico: per la prima volta nel 2017, secondo i dati Coldiretti, le esportazioni del Made in Italy agroalimentare hanno toccato i 41 miliardi. Un ottimo risultato arrivato giusto in tempo per il 2018, anno del cibo italiano nel mondo, che conferma le potenzialità dell’italian food per la ripresa economica ed occupazionale del Paese. Circa due terzi delle esportazioni agroalimentari interessano i Paesi dell’Unione Europea, dove il cibo italiano cresce del 5%, ma, fuori dai confini dell’UE, gli Stati Uniti restano il principale mercato di destinazione dei nostri prodotti, anche se altre aree internazionali sono in crescita. Un vero boom del 17% si registra in Cina dove ci sono ancora grandi opportunità di espansione per il cibo Made in Italy, così come in Giappone (+39%) e in Russia con +31%, dove però le esportazioni restano fortemente limitate dall’embargo dei prodotti provenienti dall’Unione Europea.

Certo non è tutto rosa e fiori. È lunga e incredibile la lista dei prodotti taroccati all’estero con la strategia dell’italian sounding. Nella classifica dei prodotti italiani più imitati troviamo il Parmesan anziché l’originale Parmigiano (Parmesão se ci troviamo in Brasile), Zottarella invece dell’ottima Mozzarella, Kressecco al posto del Prosecco, Romanello che è una brutta copia del Pecorino, Cambozola anziché l’originale Gorgonzola, Grana Parrano invece del buon Grana Padano, San Daniele Ham al posto dello straordinario Prosciutto di San Daniele, Asiago Cheese invece dell’originale Asiago, Chianticella in alternativa al vero Chianti, Salama Napoli invece del Salame Napoli.

 Ci sarebbe da ridere, se i danni non ammontassero a miliardi. I dazi non servono e potrebbero danneggiare proprio i tanti lavoratori del settore export. Le aziende italiane, sostenute dal governo, si battono con impegno contro la contraffazione, servono sanzioni più dure ma soprattutto accordi commerciali con gli altri Paesi. Un buon esempio di tutela potrebbe arrivare dal pomodoro: è appena diventata legge l’etichetta di origine obbligatoria che ha la finalità di tutelare il pomodoro Made in Italy da quelli coltivati all’estero e importati in Italia per essere spacciati come italiani. Insomma, il Made in Italy teme solo la concorrenza sleale e la burocrazia, per il resto è pronto ad arrivare ovunque.

 

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