Rottamazione cartelle, i grandi comuni spaccati sulla sanatoria

News Utili — By on 2017/02/07 12:39

Un rebus per alcuni cittadini, ma anche per le imprese. La possibilità di accedere alla rottamazione delle cartelle affidate agli agenti della riscossione – dal 2000 al 2016 – sta creando non pochi grattacapi ad amministratori locali e fiscalisti. Con il risultato che le grandi città (che si sono sfilate dalla riscossione attraverso Equitalia) risultano spaccate in due tra quelle che hanno deciso di estendere ai loro abitanti la rottamazione e quelle che invece non hanno deliberato in tal senso.

Sul primo versante il problema si è creato dal momento che il decreto fiscale ha contemplato la possibilità di rottamare le ingiunzioni di pagamento per tributi locali e multe stradali anche negli enti locali che non si avvalgono di Equitalia come agente della riscossione. Di per sé, infatti, la rottamazione stabilita per decreto riguarda solo le cartelle della società controllata da Tesoro ed Entrate. Una aggiunta al testo scritta durante il dibattito alla Camera, che ha però obbligato le giunte a deliberare in merito. Il termine per legiferare a livello locale è scaduto a inizio febbraio, ma i Comuni sperano di avere un po’ di tempo in più: tra decreto Milleproroghe e dl sul terremoto si spera di riaprire la finestra utile alle giunte.

Nel frattempo, il quadro è piuttosto composito e il rischio è che un abitante di un Comune che si serve di Equitalia possa accedere alla sanatoria con gli sconti su sanzioni e interessi di mora, mentre quello di un territorio limitrofo (dove è stata affidata ad altri la riscossione) ne resti escluso. Da valutare, per i Comuni che decidono di aprire alla sanatoria, anche quali tipologie di tributo possano accedervi, perché il decreto dava autonomia da questo punto di vista. Insomma, bisogna vedere caso per caso cosa è stato deliberato nei quasi cinquemila comuni che si sono sfilati da Equitalia.

Intanto, un primo sondaggio di Ifel-Anci, dice che le grandi città si sono spaccate o anzi ha leggermente prevalso il “no”. Alla rilevazione dell’Associazione dei Comuni hanno partecipato 89 capoluoghi, 35 dei quali non dovevano deliberare perché interessati di default dalla definizione agevolata. Nei restanti 54 grandi Comuni, 29 hanno deciso di non aderire alla definizione agevolata e 25 hanno invece dato il loro benestare.

Fuori dalla rivelazione Ifel, spiccano alcuni casi significativi. Sul fronte del “no” alla rottamazione si è messo il Comune di Milano, dove il sindaco Beppe Sala ha ritenuto che sarebbe stato “uno schiaffo a quelli che le multe le pagano e fanno il loro dovere di cittadini”. Anche a Bologna il sindaco Virginio Merola ha inteso lanciare un “segnale di equità” verso i cittadini, mentre a Torino si paventava il rischio di incrementare il numero delle persone inadempienti insieme ai costi relativi al procedimento. A Parma sollevavano il problema della reale convenienza per i contribuenti; d’altra parte, a Lecce, la delibera per approvare la sanatoria è passata addirittura con voto unanime.

Ma come visto non sono solo i cittadini a doversi districare nella giungla delle possibili rottamazioni. Per le imprese, sottolineano questa volta i Consulenti del Lavoro, rischia di aprirsi una fase di incertezza legata all’interferenza tra la sanatoria e la possibilità di ricevere il Durc – il documento unico di regolarità contributiva – da parte di Inps e Inail. Il paradosso sta nel fatto che chi richiede di accedere alla rottamazione entra in una sorta di finestra di stand-by durnate la quale le autorità devono fare la fotografia del contribuente, prima di dare il via libera al pagamento del debito rottamato. La norma prevede che Equitalia faccia sapere entro maggio a quanto ammonta l’esatto debito residuo e da luglio potrà iniziare il pagamento in unica rata o in cinque soluzioni. In questo intreccio, il contribuente rischia di risultare momentaneamente non in linea con i pagamenti presso il concessionario, quindi vedersi affibbiare un

“Durc negativo” da parte degli enti della previdenza. Il pericolo è che le aziende che operano con la Pa, e che hanno presentato istanza di rottamare, siano considerate prive della regolarità contributiva e si vedano bloccare i pagamenti delle forniture dei propri servizi.

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