Un Sud da record. Evasione tocca il 20 per cento

Attualità — By on 2017/07/27 10:58

Il Mezzogiorno è sempre tristemente in testa alla classifica dell’evasione fiscale. I dati pubblicati dal dettagliato rapporto della Confcommercio, intitolato “Le determinanti dell’evasione fiscale: un’analisi regionale”, confermano che poco cambia sotto il sole delle imposte. Il tasso di evasione fiscale, calcolato in percentuale del valore aggiunto, arriva al 19,5 per cento al Sud battendo il Nord Est – che pure ha fama di poca “sintonia” con il sistema fiscale – che si colloca al 12,1 per cento. La media della Penisola – ai dati del 2014 – è del 14,5 per cento.

Spiccano, nella classifica dello scarso adempimento fiscale stilata dalla Confcommercio, tre regioni del Mezzogiorno d’Italia: la prima è la Calabria con un tasso di economia non osservata (evasione più sommerso totale) del 21,2 per cento, segue la Campania con il 20,6 per cento e, al terzo posto, la Sicilia con il 19,5 per cento. Per cercare le regioni virtuose bisogna andare al Nord: in Trentino la Noe, cioè la Non Observed Economy, pesa l’11,3 per cento. Se tutte le Regioni italiane si allineassero al Trentino, si potrebbero recuperare 42,8 miliardi da emersione ed evasione fiscale nel medio periodo.

Ma al di là delle classifiche è lo sforzo condotto dalla studio, coordinato da Mariano Bella, di individuare un modello di funzionamento dei meccanismi che portano ad evadere, che suscita attenzione. E lo studio Confcommercio individua sostanzialmente tre “molle” che, se non vengono azionate, favoriscono l’evasione (deterrenza, senso civico, semplificazione) e una – la pressione fiscale – che, se diminuisce, favorisce l’adempimento fiscale.

La prima “molla” che spinge ad evadere è la mancanza di deterrenza: l’efficacia dei controlli e le sanzioni scoraggiano l’evasione tant’è che il modello-Confcommercio calcola che con un aumento della deterrenza del 10 per cento l’evasione si ridurrebbe del 3 per cento. La seconda “molla” che spinge ad evadere è la mancanza di senso civico che, secondo lo studio, viene “fiaccato” anche dal vedere, a fronte delle proprie tasse, servizi scadenti e malagestione. Anche in questo caso l'”equazione dell’evasione” dice che con un aumento dell’indice del senso civico del 10 per cento, l’evasione calerebbe del 3 per cento. Il terzo elemento è la facilità dei meccanismi di adempimento: in una parola la semplificazione fiscale. Meno burocrazia, meno evasione.

Il quarto elemento che spingerebbe all’evasione è quello classico della pressione fiscale. In questo caso il ragionamento è opposto: con una diminuzione della pressione fiscale del 10 per cento, l’evasione si contrarrebbe del 6 per cento. Del resto lo studio aggiorna al 2014 i dati della pressione fiscale italiana che a livello ufficiale sta al 43,3 per cento, ma se la si calcola solo sui contribuenti in regola sale al 49,8 per cento. La presenza di piccole imprese, che invece spesso viene adottata come un “indizio” di una certa tendenza all’evasione, secondo i riscontri dello studio, avrebbe una influenza assai minore sull’inclinazione ad evadere.

Il rapporto Confcommercio è importante perché sulle spiegazioni della evasione fiscale spesso ci sono state polemiche: nel corso del tempo si è attribuita l’inclinazione degli italiani a non pagare le tasse alla alta presione fiscale (tutti ricordano il celebre discorso di Berlusconi alla Guardia di Finanza), altri hanno segnalato come “alibi” la crisi economica sollevando un mare di polemiche. Lo studio di Confcommercio, invece, tenta di dare un peso a ciascun indicatore con l’intento di fornire un contributo a questa annosa questione italica.

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