L’Istat rivede il Pil al rialzo: +1,2% annuo, dato migliore dal 2010

Attualità — By on 2017/06/01 11:57

L’Istat rivede al rialzo la crescita del Pil del primo trimestre. Il prodotto interno lordo è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,2% nei confronti del primo trimestre del 2016. La stima preliminare diffusa il 16 maggio scorso aveva rilevato un aumento congiunturale dello 0,2% e un aumento tendenziale dello 0,8 per cento. La variazione tendenziale, sottolinea l’Istat, è la più alta dal quarto trimestre del 2010.

Il primo trimestre del 2017 ha avuto due giornate lavorative in più sia rispetto al trimestre precedente, sia rispetto al primo trimestre del 2016. La variazione acquisita per il 2017 è già pari a 0,9%, precisa l’istituto: significa che l’obiettivo dell’1,1% per quest’anno, stimato dal governo, è decisamente a portata di mano, e potrebbe anche essere superato. E il governo infatti non manca di sottolinearlo:  “Riviste al rialzo le stime per il 2017. L’Italia cresce più del previsto e l’impegno continua”, scrive su Twitter il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Mentre l’ex premier Renzi su Facebook sottolinea come gli ultimi dati economici siano “figli degli anni di lavoro serio e rigoroso che abbiamo alle spalle. Ma io non sono soddisfatto perché so che non basta. L’unica strada è andare avanti, continuare ad abbassare le tasse, semplificando il sistema e incoraggiando gli imprenditori veri”.

Intanto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan scrive al vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis e al commissario Pierre Moscovici che l’aggiustamento strutturale per il 2018 è dello 0,3% del Pil. Si tratta dell’aggiustamento che consentirebbe al governo italiano di proseguire nella politica economica che tra 2014 e 2017 ha assicurato una costante riduzione del rapporto deficit/Pil (0,3% di Pil per anno) e la stabilizzazione del rapporto debito/Pil (atteso in calo per l’anno in corso).

A incidere posivitivamente sulla crescita congiunturale del Pil il valore aggiunto dell’agricoltura (4,2%) e quello dei servizi (0,6%), mentre si registra un andamento negativo per il valore aggiunto dell’industria (-0,3%). La crescita dei servizi è stata determinata da incrementi del valore aggiunto nel settore del credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali (+0,8%), nel settore che raggruppa le attività del commercio, alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni (+0,6%) e negli altri servizi (+0,3%). La flessione del valore aggiunto dell’industria  è invece dovuta al calo registrato nell’industria in senso stretto (-0,5%), solo parzialmente compensato dalla risalita registrata nelle costruzioni (0,5%).

Mentre in termini tendenziali il valore aggiunto è aumentato in tutti i settori dell’economia: 1,2% nei servizi, 0,6% nell’industria (0,5% l’industria in senso stretto e 1% le costruzioni) e 0,1% nell’agricoltura. La favorevole dinamica del comparto dei servizi è stata determinata da una crescita dell’1,8% del settore che raggruppa le attività del commercio, alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni delle costruzioni, dell’1,1% del settore del credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali e dello 0,8% degli altri servizi.

Per quanto la crescita sia più alta delle attese, l’Italia rimane però indietro rispetto alla media dell’Eurozona: il Pil infatti è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dello 1,7% rispetto allo stesso trimestre del 2016. Facendo invece un confronto con alcuni Paesi, il prodotto interno lordo è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% in Germania, dello 0,4% in Francia, dello 0,3% negli Stati Uniti e dello 0,2% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,9% in Germania, del 2% negli Stati Uniti e nel Regno Unito e dell’1% in Francia.

Anche sul fronte del Pil pro capite l’Italia rimane indietro rispetto alla media Ue: secondo uno studio del Centro Studi Promotor nel 2016 quello dell’Italia è stato inferiore alla media dei paesi dell’Unione Europea del 3,72%. Un arretramento degli ultimi quindici anni perché nel 2001, cioè nell’anno che ha preceduto l’adozione dell’euro da parte dell’Italia, il nostro Pil pro capite superava quello medio dell’Unione Europea del 18,80%. Da allora, dunque, nel confronto con la Ue il nostro Pil pro capite ha perso ben 22,5 punti percentuali. A ciò si aggiunge che solo l’Italia e la Grecia hanno nel 2016 un Pil pro capite inferiore a quello del 2001 e che il calo dell’Italia (-6,83%) è peggiore di quello della Grecia (-6,04%).

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